Rezension über:

Karla Pollmann: The Baptized Muse. Early Christian Poetry as Cultural Authority, Oxford: Oxford University Press 2017, IX + 269 S., ISBN 978-0-19-872648-7, GBP 55,00
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Rezension von:
Chiara O. Tommasi
Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università degli studi di Pisa
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Chiara O. Tommasi: Rezension von: Karla Pollmann: The Baptized Muse. Early Christian Poetry as Cultural Authority, Oxford: Oxford University Press 2017, in: sehepunkte 17 (2017), Nr. 11 [15.11.2017], URL: https://www.sehepunkte.de
/2017/11/29934.html


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Karla Pollmann: The Baptized Muse

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Studiosa ben nota ai cultori del Tardoantico e della patristica, soprattutto per una serie di importanti e benemeriti lavori su Agostino, tra i quali spicca la fatica editoriale (sempre per Oxford University Press) The Oxford Guide to the Historical Reception of Augustine, Karla Pollmann torna ora agl'interessi scientifici dei suoi inizi accademici, ossia la poesia cristiana latina (è del 1991 la sua edizione dell'anonimo Carmen adversus Marcionitas). Il volume in oggetto raccoglie e aggiorna una serie di ricerche condotte nell'ultimo ventennio dalla stessa autrice su differenti autori e opere, talvolta meno frequentati dalla critica. Scopo deliberato è mettere in evidenza un costante filo conduttore, all'interno di un genere che, malgrado lasci tracce significative nella letteratura successiva (si pensi solo a Milton), sembra aver goduto minore fortuna critica nel pur recente revival della Tarda Antichità.

Questa osservazione da cui lo studio prende le mosse ci pare applicabile soprattutto al il mondo anglosassone, dal momento che la poesia cristiana latina (e recentemente anche la greca, in particolare Nonno e Gregorio di Nazianzo) nell'ultimo cinquantennio ha visto un notevole fiorire di saggi e ricerche, particolarmente in altre nazioni europee ed extra-europee, stante la enorme proliferazione di letteratura secondaria in tutti gli ambiti di studio, che è tanto maggiormente eclatante in un campo fino a pochi decenni fa trascurato quale appunto la tarda antichità. Aggiungerei solamente, ai titoli e agli studiosi già segnalati da Pollmann, il volume miscellaneo curato da Fabio Gasti e Michele Cutino su Poesia e teologia nella produzione latina dei secoli IV-V (Pavia 2015, disponibile anche in open access alla pagina http://archivio.paviauniversitypress.it/pdf-oa/gasti-cutino-poesia-teologia-2015.pdf, verisimilmente non ricordato per la quasi simultaneità nella pubblicazione.

Il volume di Pollmann peraltro non si presenta come uno studio sistematico e diacronico, né intende offrire una storia complessiva della poesia cristiana, ma sceglie di concentrarsi su alcuni casi particolarmente significativi, anche perché meno noti e meno immediatamente presenti al lettore (penso a Venanzio Fortunato, Paolino di Périeguex, Proba, Avito, lo Pseudo-Ilario, con qualche 'incursione' nel Medioevo, Sigeberto di Gembloux o Walafrido Strabone). Si deve inoltre sottolineare come lo scopo di Pollmann, sia più ampio, ossia considerare, oltre alle pure componenti di diletto letterario, il valore teologico e dottrinale della poesia cristiana, che risulta accresciuto proprio grazie all'uso del mezzo stilistico. Ciò è particolarmente evidente in due dei capitoli finali (7 e 8), dedicati ad alcuni testi cristiani sull'origine dell'uomo e del progresso, in cui si mette in luce il rapporto (in generale tipico di tutta la poetica classica) di imitatio-aemulatio in particolare con Lucrezio.

Denso è il quadro teorico di riferimento, come si evince soprattutto nei capitoli introduttivi e nella conclusione, spesso introdotti da eleganti e talora insolite citazioni a mo' di esergo (ad es., oltre a Nietzsche nel capitolo conclusivo, il richiamo a The Macbeth Murder Mystery di James Thurber; la spiegazione del quadro del pittore settecentesco Domenico Credi scelto come immagine di copertina): si tratta della parte più originale del libro, tesa a mostrare come la poesia cristiana si riappropriasse criticamente dei mezzi stilistici e degli strumenti più raffinati della poesia pagana per conferire autorevolezza e dignità al messaggio cristiano (al riguardo si vedano già gli studi di Christian Gnilka sul tema della chresis). Tutto ciò è particolarmente evidente nella discussione iniziale a proposito della trasformazione del genere epico, con la scelta di discutere casi quali l'epos allegorico della Psychomachia prudenziana; l'epos biblico (Avito) e l'epillio, o, meglio, epos mitologico (Draconzio), o l'epos panegiristico (Claudiano, De Bello Gildonico). Similmente, la conclusione conferma l'assunto di una poesia come ispirata (grazie alla trasformazione del tema già classico del poeta-vate) e dotata di autorità (nella prospettiva weberiana) o persino carisma.

Alla definizione e delimitazione del concetto di autorità è del resto dedicata la maggior parte dei saggi del volume: si pensi ad esempio al cap. 3 che vede affiancati, quasi in un dittico, Cassiodoro e Venanzio Fortunato, con la discussione dell'ormai saldo e stabile canone di letterati cristiani (una ideale continuazione dei postulati fatti propri da Agostino nel De Doctrina Christiana, testo su cui altrove Pollmann ha offerto spunti di riflessione). Si pensi inoltre alla trattazione sulla riscrittura di testi autorevoli (capp. 5 e 9), ove sono prese in esame le riscritture di testi agiografici (la vita di Martino o la passione dei Martiri Tebani). Assai interessante risulta la trattazione del genere centonario, sulla scorta di un generale mutamento di prospettiva che il genere ha avuto negli ultimi decenni, grazie anche a certe prospettive decostruzionistiche, almeno in questo caso condivisibili. In questo senso non si può che lodare la riproposizione, in traduzione inglese, dello studio sul Christus Patiens e sulle inferenze tra Dioniso e Cristo, a nostro parere uno dei migliori lavori di Pollmann.

Se ci è permesso un rilievo, il volume sembra soffrire un po' nella struttura, in virtù della natura dei vari saggi, nati in contesti differenti e per occasioni diverse. Nonostante riteniamo in ogni caso apprezzabile la scelta di presentare vari articoli e non una monografia unitaria, nell'ottica di una rielaborazione per una lettura continuativa, alcuni temi avrebbero potuto essere corredati di ulteriori esempi: penso al capitolo iniziale sulle trasformazioni dell'epos, che avrebbe avuto maggior slancio con l'inserzione di altri esempi (Giovenco, al quale si deve il primo esempio di poesia cristiana, nel genere biblico e/o 'parafrastico', insieme a Sedulio; oppure anche la produzione maggiore di Draconzio; Corippo, a proposito dell'epos frammisto a panegirico; o anche un caso singolare quale Claudio Mario Vittorio). Inoltre, mentre è chiaro lo scopo ultimo del volume e la sua unitarietà, avremmo preferito una differente esposizione della materia che ne facesse ulteriormente risaltare i pregi: ad esempio, avrei collocato in successione i due saggi sui centoni; del pari, le discussioni sulle varie agiografie soffrono un po' nell'essere disposte in punti differenti; infine, per ragioni cronologiche, che tuttavia segnano il punto di arrivo di una linea inauguratasi nei secoli precedenti, avrei posto lo studio su Cassiodoro al termine del volume.

Queste osservazioni non vogliono comunque sminuire il valore intrinseco del lavoro, nel quale Pollmann si conferma studiosa dotata di acuta finezza e saldo mestiere: le sue osservazioni, sempre condivisibili ed equilibrate, permettono di apprezzare sotto una luce nuova quello che era stato considerato un genere di secondaria importanza, non di rado imitativo o pedante, ma soprattutto offrono numerosi spunti per ulteriori, intelligenti, riflessioni. La lettura di questo studio risulterà utile non solo a quanti si interessano ai singoli autori qui affrontati, ma sarà formativa anche per tutti gli studiosi di poetica tardoantica e cristiana.

Chiara O. Tommasi