Manuela Fritz: Antike öffentliche Bibliotheken und ihre bildungspolitische sowie kulturelle Bedeutung, Innsbruck: innsbruck university press 2007, 105 S., ISBN 978-3-902571-12-0, EUR 12,00
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Lo studio non intende essere una storia delle biblioteche antiche, ma si occupa esclusivamente di "institutionalisierte Bibliotheken, Einrichtungen, die rund 2.000 Jahre vor unserer Zeit geschaffen wurden, die schon damals ähnlich funktionierten wie heute und die vor allem schon damals den Studien und der Unterhaltung nützlich waren" (9). In particolare la Fritz si concentra sulle biblioteche pubbliche presenti nell'area della provincia d'Asia nel periodo che va dall'età augustea al IV secolo d.C., ma precisa di non attenersi strettamente a questi limiti in quanto due biblioteche (biblioteca reale e biblioteca del ginnasio di Pergamo) sono precedenti e altre non sono databili con esattezza (12).
Già il titolo e la premessa pongono un problema storico di base: che cosa si intende per 'biblioteca pubblica'? I ginnasi erano istituzioni semipubbliche, finanziate da consorzi di cittadini (su questa tipologia di biblioteche rinvio al mio Le biblioteche dei ginnasi, "Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari" 1, 1987, 17-48), e, d'altra parte, non sappiamo in che misura le biblioteche dei palazzi reali ellenistici fossero aperte all'uso del pubblico. La Fritz è avvertita del problema e del rischio di sovrapporre categorie moderne alla realtà del mondo antico e intende il concetto di 'pubblico' per contrarium, cioè come l'opposto di 'privato' (13s.; 72-77).
L'esame delle testimonianze e dei resti archeologici occupa la parte centrale e più ampia del volume. Non posso toccare tutte le questioni affrontate. Mi limito a qualche esempio. La dibattuta funzione delle nicchie marmoree della biblioteca reale di Pergamo e in particolare di quelle presenti nella sala dominata dalla statua di Atena (24-26) porta la Fritz ad aderire all'ipotesi di Hoepfner (nelle nicchie di quella sala sarebbero stati conservati autografi in armadi di legno, ciascuno dei quali destinato a un autore). Ora, se è vero che dell'antichità greca e romana, non possediamo alcun autografo, come affermava Paul Maas all'inizio della Textkritik, questo doveva essere vero anche nell'antichità per la maggioranza degli autori. La natura deperibile della materia scrittoria più usata, il papiro, non consentiva una lunga sopravvivenza dei rotoli e, d'altro canto, le iscrizioni relative ai ritratti presenti nella sala portano nomi di autori, i cui autografi ben difficilmente saranno stati presenti nella biblioteca: questo vale in particolare per Alceo e per Erodoto, per non parlare poi di Omero, di cui magari sarà arrivata nella biblioteca pergamena una ekdosis antica o, più probabilmente, una sua copia. Di Timoteo di Mileto un papiro ha conservato una copia molto antica dei Persiani, ma difficilmente qualche suo autografo sarà arrivato alla biblioteca di Pergamo nella prima metà del II secolo a.C. Certamente non vi arrivarono i libri della biblioteca di Aristotele, che furono nascosti perché non cadessero nelle mani degli inviati degli Attalidi, secondo il racconto di Strab. 13.1.54 (78). Dubito anche che la sala potesse contenere i libri più rari e preziosi della raccolta: questa ricostruzione fa pensare immediatamente all'articolazione delle biblioteche moderne, dove alle normali sale di lettura si affianca la sala dei manoscritti e dei libri rari.
L'esistenza di una biblioteca nel ginnasio di Pergamo è una pura supposizione, dovuta al plurale "biblioteche" in Strab. 13.4.2, un passo relativo alla politica urbanistica di Eumene II, e in due frammenti epigrafici ritrovati nell'area della palestra. Su questo punto rinvio al mio lavoro citato sopra, 39s. Non si può ovviamente escludere l'esistenza di locali adibiti a biblioteca nei ginnasi e in particolare nel grande ginnasio pergameno, ma non si deve neanche credere che questa fosse una costante. Peraltro, soprattutto a livello di V e IV secolo, si può pensare che piccole raccolte librarie ad uso dei retori o dei filosofi che insegnavano nei ginnasi fossero conservate in ceste o in armadi. Soltanto più tardi e solo in alcuni casi vennero allestiti locali appositi.
Diverso è il caso della biblioteca dell'Asclepieion di Pergamo (su cui vd. il mio Le biblioteche degli Asclepieia, "Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari" 2, 1988, 29-37), ben attestata per via epigrafica. Il problema del contenuto della biblioteca non va posto nei termini di un'alternativa tra una biblioteca di uso generale e una biblioteca specializzata in testi medici, perché le uniche biblioteche mediche specializzate furono quelle di alcune scuole: il corpus Hippocraticum si può considerare come una biblioteca medica di IV secolo. La biblioteca sarà nata all'interno di un complesso frequentato da uomini di cultura (così Habicht) e, in relazione alla presenza di medici, può aver ospitato anche testi di medicina. Analogamente non credo che sia opportuno cercare di distinguere tra Unterhaltungsbibliothek e Lehrbibliothek (39, a proposito di Smirne, e passim) tenendo presente che si tratta di una distinzione tutta moderna, sorta dalla specializzazione dei saperi e delle discipline e dalla moderna categoria della letteratura di consumo.
Altri casi di biblioteche frettolosamente assegnate ai ginnasi nella letteratura secondaria sono quelli di Teos, di Nisa, di Milasa e di Alicarnasso (39-44; 55-56; 64-67). Per quanto riguarda Teos, l'epigrafe che testimonia l'esistenza di una biblioteca (SEG II 584) è relativa ai compensi da pagare ai copisti e nulla fa pensare alla connessione con un ginnasio. La biblioteca di Nisa, di cui sono stati ritrovati i resti, è distante circa 150 metri dal complesso delle palestre e dello stadio e non sono sicuri i rapporti con il ginnasio. Peraltro non siamo neanche in grado di ricostruire la storia secolare di questi edifici e delle attività che vi si svolgevano tra l'età ellenistica e l'età dei Severi, quando la biblioteca fu frequentata da Giulio Africano. Credo che si debba supporre un'evoluzione delle funzioni degli edifici in relazione ai mutamenti delle esigenze, e non sempre ne sarà restata traccia nei resti archeologici. Nei casi di Milasa e di Alicarnasso la Fritz è giustamente cauta di fronte alle ipotesi, non supportate da indizi, di assegnazione delle biblioteche ai ginnasi.
A proposito della biblioteca di Celso ad Efeso vengono posti problemi di destinazione, anche in relazione all'ipotizzato rapporto con il cosiddetto auditorium (53-54). L'ipotesi del Kulturzentrum proposta da Blanck, anch'essa tutta fondata sulle istituzioni culturali moderne, si scontra con le più recenti ricostruzioni dell'edificio, che appare più appropriato come sede di udienze giudiziarie.
Il capitolo dedicato all'analisi della documentazione si apre con le biblioteche in connessione con istituzioni educative. Tra le due tesi di Hoepfner (biblioteche indispensabili alle scuole e quindi presenti in tutti i ginnasi al più tardi dal IV secolo a.C.) e di Vössing (dalla documentazione non si può ricavare con certezza che le biblioteche facessero parte della normale dotazione dei ginnasi) la mia preferenza va certamente alla seconda, anche perché la prima è sostenuta da un'argomentazione circolare: si presuppone che i ginnasi dovessero avere biblioteche e si attribuiscono biblioteche ai ginnasi anche in mancanza di indizi certi per poi concludere che era abituale che vi fossero. Il caso della biblioteca reale di Pergamo, certamente legata all'attività degli eruditi che gravitavano intorno alla corte, pone il problema della tipologia delle istituzioni educative. Dato il carattere aperto e non regolamentato delle istituzioni educative antiche concordo con l'autrice nel prenderle in considerazione im weitesten Sinne (62). A questo problema è connesso quello dell'accessibilità delle biblioteche (72-77): non si tratta tanto di capire se fossero riservate a particolari categorie di utenti, ma semmai quali e quanti fossero i potenziali utenti.
Il problema della connessione con istituzioni educative è reso più complesso dal fatto che il termine 'ginnasio' designa edifici diversi per struttura e, secondo le epoche, anche per funzioni. Nel caso di Smirne (63-64) l'Homereion testimoniato in Strab. 14.1.37 appare molto diverso da un ginnasio (così J. Delorme, Gymnasium, Paris 1960, 134s.) ed è assimilabile piuttosto a un heroon. Quanto poi all'interesse dei sovrani ellenistici per le istituzioni educative (70-72), va detto che rientra nella più generale questione dell'evergetismo ellenistico, che non si lascia interpretare con la sola categoria moderna di propaganda.
La documentazione sul contenuto delle biblioteche è molto ridotta (81) e non permette di giungere a conclusioni certe e tantomeno generali: la scelta dei libri sarà stata condizionata dalle esigenze del pubblico e anche da acquisizioni occasionali. Solo in alcuni casi, come quello della biblioteca reale di Pergamo, si può pensare a una politica di acquisti sistematica. Sulle modalità di acquisizione è utile la sintesi proposta in 5.4 (82-83).
Le fondazioni dovute a privati benefattori (Prusa, Efeso, Asclepieion di Pergamo) erano motivate dal desiderio di rendersi utili alla cittadinanza e di aumentare l'importanza della città. Il prestigio personale è considerato solo come una conseguenza, positiva e prevista (87).
In conclusione si tratta di uno studio che, sulla base di una documentazione parziale, pone problemi di rilievo che si estendono all'intero mondo greco-romano. Anzitutto la difficile definizione di biblioteca 'pubblica', che deve essere cambiata nel corso del tempo così come è cambiata la funzione degli edifici. Mi sembra probabile che soltanto in epoca romana siano state realizzate biblioteche per iniziativa pubblica, cioè ad opera di soggetti istituzionali, e aperte all'uso senza discriminazioni, mentre la situazione del mondo greco era probabilmente molto più articolata e anche più difficile da interpretare. In secondo luogo la connessione con strutture educative e con luoghi di culto, anch'essa certamente mutata nel corso del tempo. In terzo luogo le categorie moderne che, spesso inavvertitamente, sovrapponiamo alla documentazione e che possono risultare fuorvianti. L'articolazione della materia è chiara, anche se la struttura adottata porta a qualche ripetizione. La bibliografia comprende esclusivamente studi in lingua tedesca o tradotti in tedesco così come tradotte sono tutte le testimonianze antiche.
Roberto Nicolai