Linda-Marie Günther / Sonja Plischke (Hgg.): Studien zum vorhellenistischen und hellenistischen Herrscherkult (= Bd. 9), Berlin: Verlag Antike 2011, 197 S., ISBN 978-3-938032-47-3, EUR 49,90
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Il volume trae origine da un workshop tenutosi a Bochum nel 2009, nel quadro di un progetto di ricerca incentrato sulle dinamiche della storia della religione tra Asia ed Europa.
A dire il vero il titolo del libro è un poco fuorviante, perché non vi è nessun contributo specifico sui culti preellenistici, né per quanto riguarda forme di onori divini (si pensi al noto culto di Lisandro a Samo, e forse in altri ambiti microasiatici) né per quanto concerne il culto degli eroi, ben presente nel mondo greco di epoca precedente e imprescindibile per capire anche il culto del sovrano ellenistico, come peraltro riconosciuto giustamente dalle curatrici nelle pagine introduttive. [1]
Questa mancanza è in parte supplita dall'importante articolo di Robert Rollinger ("Herrscherkult und Königsvergöttlichung bei Teispiden und Achaimeniden. Realität oder Fiktion?"; 11-54). Sfidando una consolidata communis opinio che tende a negare l'esistenza di onori divini per il sovrano achemenide (giacché egli è solo l'immagine terrena di Ahuramazdā), l'autore raccoglie un'ampia documentazione, anche inedita, che ben evidenzia il particolare status del monarca e il rapporto tra regalità, sacralità e rituale nell'Oriente persiano (quest'ultimo elemento ha un certo valore anche per altre regalità iraniche di epoca successiva, come i Sassanidi). Ne risulta che la figura del Gran Re è oggetto di particolari rituali e onori sicuramente sui generis e paragonabili a quelli divini, anche se un'equivalenza con il culto impiantato poi in epoca ellenistica in ambito greco-macedone non è proponibile (riguardo all'influsso achemenide su Alessandro Magno vd. comunque 13-16).
Un poco sottotraccia nel volume è anche il culto stesso di Alessandro, che indubbiamente (nonostante la complessità della sua genesi) venne applicato in diverse città greche e fu oggetto di aspro dibattito, come dimostrano ad Atene le posizioni divergenti di Demostene ed Iperide. Nella scelta dei contributi si è inteso privilegiare il culto del sovrano in riferimento ad alcuni diadochi, per cui il confronto con il Macedone è inteso soprattutto in termini di imitatio. Infatti Sonja Plischke affronta il problema del culto per Lisimaco, non disgiungendolo dalla sua propaganda ("Herrschaftslegitimation und Städtekult im Reich des Lysimachos"; 55-76). L'autrice sottolinea il rapporto del diadoco con le città greche e individua l'introduzione degli onori divini come uno degli aspetti decisivi per la legittimazione del nuovo sovrano (accanto al richiamo ad Alessandro Magno e, conseguentemente, ad Eracle, nonché ad Atena Nikephoros). Indubbiamente nella scholarship le timai riservate a questo diadoco non sono mai state analizzate a fondo (un'indagine sopravanzata, probabilmente, da altri esempi coevi, senz'altro più eclatanti, come quelli degli Antigonidi e di Tolemeo I) e le osservazioni ivi proposte costituiscono un importante punto di partenza per future discussioni.
A Gregor Weber spetta forse il contributo più impegnativo, se non altro per la grande mole della documentazione esistente ("Der ptolemäische Herrscher- und Dynastiekult - ein Experimentierfield für Makedonen, Griechen und Ägypten"; 77-97). L'autore si sofferma sulla singolarità dell'Egitto rispetto alle altre realtà ellenistiche, a causa dello stretto rapporto tra Macedoni, Greci ed Egizi. In questo modo egli non solo opera una distinzione tra Macedoni e Greci in quel regno (punto che peraltro necessiterebbe un maggiore approfondimento), ma soprattutto rimarca l'importanza del côté egizio nella rappresentazione della regalità e nell'introduzione e diffusione del culto del sovrano, attraverso forme peculiari a quella realtà. In buona misura, questa posizione si collega, sia pure attraverso un percorso di ricerca originale, ad un trend critico tendente ad interpretare quello tolemaico come un regno two-sided (si pensi alle ricerche di Koenen o della Stephens, sugli aspetti relativi alla kingship lagide e alla pubblicistica ad essa collegata). Tuttavia non bisogna dimenticare che il primo, decisivo impulso per la creazione di un culto è sostanzialmente greco, nonostante l'apporto importante fornito dai sacerdoti egizi (come peraltro riconosciuto dallo stesso Weber). In questo senso gli studi di Quaegebeur (e di altri, sulla sua scia) rimangono sostanzialmente validi e comunque imprescindibili.
Linda-Marie Günther affronta invece un tema decisamente trasversale a molte dinastie: l'assimilazione, identificazione o uso di attributi divini nella monetazione dei sovrani ellenistici ("Herrscher als Götter - Götter als Herrscher? Zur Ambivalenz hellenistischer Münzbilder"; 98-113). Nel suo studio prende in esame alcuni casi in cui la scelta del soggetto si presta indubbiamente a differenti possibili interpretazioni. Esempio lampante di ciò è senz'altro il personaggio barbuto nella monetazione di Demetrio II di Siria, che, secondo la studiosa, rimanda a Zeus Nikephoros (in connessione, più o meno individuabile, con la politica attuata in precedenza da Antioco IV). In realtà, come la critica ha da tempo accertato, l'immagine di Demetrio barbuto incomincia ad essere attestata nella documentazione numismatica già verso la fine del suo primo regno (145-139), il che deporrebbe contro l'ipotesi dell'assunzione di una foggia partica, in seguito alla sua cattività presso gli Arsacidi. Si può certo ammettere con la Günther che vi sia una sostanziale ambiguità del messaggio monetale (che giustamente va indagato in rapporto alle variegate realtà poleiche), in cui potrebbe trovare posto, oltre a quello religioso (il richiamo a Zeus), anche il tema del generale vittorioso, connesso appunto alla barba (e attestato anche per il padre di Demetrio II, Demetrio I, sia pure in modo del tutto marginale). Entrambe le due interpretazioni trovano peraltro un pendant nella titolatura di Demetrio II, con la prosecuzione degli epiteti Theos e Nikator anche nel suo secondo regno (129-125).
Christoph Michels, dal canto suo, rivolge la sua attenzione al culto divino per gli Attalidi ("Dionysos Kathegemon und der attalidische Herrscherkult. Überlegungen zur Herrschaftsrepräsentation der Könige von Pergamon"; 114-140). Si tratta di un culto ben radicato nella realtà civica (anche dopo la fine della dinastia), in cui vanno rintracciati anche elementi che pertengono più propriamente alla Darstellung e Selbstdarstellung regia e alla costruzione di una genealogia divina (con riverberi anche a livello cultuale). Lo studioso individua un elemento fondamentale a riguardo nello stretto rapporto degli Attalidi con Dioniso (con opportuni paragoni con altre regalità: Tolemei, Seleucidi e Mitridate VI del Ponto).
Nel suo contributo ("Zur Entwicklung des "Herrscher-" und "Dynastiekultes" in Kommagene"; 141-160), Peter Franz Mittag analizza minuziosamente l'ampia documentazione sul culto del sovrano in Commagene sotto Antioco I. Scopo dello studioso è mostrare le varie fasi e modalità del culto, mettendone in risalto le influenze greche e non greche, fino ai suoi esiti finali. Gli 'esperimenti cultuali' di Antioco sono considerati quasi un work in progress, di cui il sovrano pare essere stato pienamente cosciente: a ben guardare, ciò emerge anche nello stesso concetto di tyche nea, come traspare dal nomos sul Nemrud Dagh. Secondo Mittag, risulta chiaro che Antioco volle avvicinarsi ad uno status divino, anche se egli non valicò mai davvero il confine che lo portava a tale sfera: si tratta di un aspetto importante, se non addirittura fondamentale, che riguarda anche altre regalità di età ellenistica in cui è rilevante, se non addirittura preponderante la componente iranica. Comunque sia, è indubitabile che nella Commagene di Antioco I vi sia stata una chiara differenziazione tra il sovrano e i suoi progonoi, e forse andrebbe maggiormente indagato lo status di questi ultimi, a cominciare da Mitridate I, non trascurandone anche la dimensione eroica (con possibili 'interferenze' con il côté greco).
Completano il volume, oltre a numerose illustrazioni a corredo di quasi tutti i saggi, una bibliografia generale e un ampio indice tripartito.
In conclusione, se è ormai evidentemente arduo, per molti motivi, proporre un lavoro di sintesi complessiva sul fenomeno chiamato Herrscherkult ellenistico, nel quadro più ampio del culto del sovrano nell'antichità (oggetto di ben note, e assai datate monografie), la strada comunque proficuamente percorribile è quella di analizzare le singole realtà con occhio sempre più attento ai fenomeni di transferts culturali, politici e religiosi, in un'epoca caratterizzata da una rilevante multiculturalità. I contributi contenuti nel presente volume, che offrono, nel complesso, notevoli spunti di riflessione e di approfondimento critico, vanno decisamente in questa direzione.
Note:
[1] P. 8, dove si parla di Herrscherkult che ha le sue radici greche "in der Heroenverehrung".
[2] L. Koenen: Die Adaptation ägyptischer Königsideologie am Ptolemäerhof, "Egypt and the Hellenistic World", edited by E. Van 't Dack, P. Van Dessel and W. Van Gucht, Lovanii 1983, 143-190; Id.: The Ptolemaic King as a Religious Figure, "Images and Ideologies. Self-Definition in the Hellenistic World", edited by A. Bulloch, E.S. Gruen, A.A. Long, and A. Stewart, Berkeley / Los Angeles / London 1993, 25-115; S.A. Stephens: Seeing Double. Intercultural Poetics in Ptolemaic Alexandria, Berkeley / Los Angeles / London 2003.
[3] Ad es. / J. Quaegebeur: Documents anciens et nouveaux relatifs à Arsinoé Philadelphe, "Le culte du souverain dans l'Égypte ptolémaïque au IIIe siècle avant notre ère", Actes... édités par H. Melaerts, Leuven 1998, 73-108.
[4] Vd. la sintesi in A. Houghton / C. Lorber / O.D. Hoover: Seleucid Coins. A Comprehensive Catalogue. Part II. Seleucus IV through Antiochus XIII, I, New York / Lancaster / London 2008, 265, 307-308.
[5] Cfr. C.C. Lorber / P.P. Iossif: Seleucid Campaign Beards, "AC", 78 (2009), 87-115.
[6] Cfr. A.S. Chankowski: Le culte des souverains hellénistiques après la disparition des dynasties: formes de survie et d'extinction d'une institution dans un contexte civique, "Des Rois au Prince. Pratiques du pouvoir monarchique dans l'Orient hellénistique et romain (IVesiècle avant J.-C. - IIe siècle après J.-C.)", sous la direction d'I. Savalli-Lestrade / I. Cogitore, Grenoble 2010, 271-290 e, soprattutto, G. Frija: Du prête du roi au prête de Rome et au grand prête d'Auguste: la mise en place du culte impérial civique, ibidem, 291-308.
[7] Vd. le divergenti posizioni della critica riguardo alle (possibili) forme di Herrscherkult presso la regalità arsacide: ad es., F. Muccioli: Il problema del culto per il sovrano nella regalità arsacide: appunti per una discussione, "Orbis Parthicus. Studies in Memory of Professor Jósef Wolski" (Electrum, 15), edited by E. Dąbrowa, Kraków 2009, 83-104, nonché E. Dąbrowa: Mithradates I and the Beginning of the Ruler-Cult in Parthia, ibidem, 41-51; Id.: ΑΡΣΑΚΕΣ ΘΕΟΣ. Observations on the nature of the Parthian ruler-cult, "Un impaziente desiderio di scorrere il mondo. Studi in onore di Antonio Invernizzi per il suo settantesimo compleanno", a cura di C. Lippolis e S. de Martino, Firenze 2011, 247-253; A. Invernizzi: Royal Cult in Arsakid Parthia, "More than Men, less than Gods. Studies on Royal Cult and Imperial Worship", edited by P.P. Iossif, A.S. Chankowski and C.C. Lorber, Leuven-Paris-Walpole, MA 2011, 649-690.
Federicomaria Muccioli