Mark Thomson: Studies in the Historia Augusta (= Collection Latomus; Vol. 337), Bruxelles: Editions Latomus 2012, 155 S., ISBN 978-2-87031-278-0, EUR 27,00
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Il volume di Mark Thomson affronta in sole 150 pagine il compito, a prima vista presuntuoso, di fare il punto dell'attuale ricerca sull'Historia Augusta e sui numerosi problemi connessi alla genesi e alle caratteristiche di questa opera e di suggerire qualche nuova pista di indagine. Esso è articolato in sei capitoli, dedicati alla paternità dell'opera, alla sua data, al contesto politico-culturale, ai rapporti con Naucellio, alle modalità di composizione e infine al suo Nachleben tardoantico e altomedievale.
I primi tre capitoli corrispondono all'esigenza di fare il punto dell'attuale ricerca; essi concludono che l'autore dell'opera è unico, di estrazione senatoria, forse di origine gallica, non comunque il membro di una delle grandi famiglie aristocratiche di Roma, bensì un erudito desideroso di segnalarsi a queste grandi famiglie, in particolare ai Ceionii, agli Anicii e ai Nicomachi-Simmachi; nel comporre la sua raccolta e nel dedicarla a principi o a importanti esponenti dell'età dioclezianeo-costantiniana egli si è ispirato a raccolte analoghe come quella dei Panegyrici latini; la stesura dell'opera va posta tra il 395 e il 400 ca.; il suo contesto è quello dell'erudizione tardoantica interessata alle genealogie delle famiglie illustri, alla riproduzione di documenti (lettere, discorsi ecc...), alla compilazione di cataloghi, in particolare quelli di Ausonio e di Polemio Silvio riguardanti gli usurpatori.
Fin qui nulla di nuovo, anche se scritto bene e largamente condivisibile: anch'io ritengo che l'autore dell'Historia Augusta sia un senatore minore e che non si possa andare oltre l'ultima decade del IV secolo per la sua composizione (cfr. G. Zecchini, Ricerche di storiografia latina tardoantica, Roma 1993, 47). Sarei però più cauto nell'inserire gli Anicii accanto ai Ceionii e ai Nicomachi tra le famiglie, presso le quali il nostro biografo voleva mettersi in luce. Inoltre riguardo alla genesi della raccolta di usurpatori, che va sotto il nome di Tyranni triginta, Thomson ha ragione nel sostenere (90 nota 3) che la Vita Gallienorum ci rivela due stadi di tale genesi, uno anteriore di 20 tiranni e uno finale di 30/32, ma sia qui, sia altrove avrebbe potuto giovarsi dell'analisi, che è stata da me condotta sulle liste tardoantiche degli usurpatori (l'Historia Augusta, Orosio, Polemio Silvio) e che gli è invece sfuggita (cfr. G. Zecchini, I Tyranni triginta: la scelta di un nome e le sue implicazioni, HA Colloquium Bonnense, Bari 1997, 265-274 = Ricerche di storiografia latina tardoantica, II, Roma 2011, 41-50). Infine Thomson oscilla (69, 74 nota 21e 114) nell'attribuire a Virio Nicomaco Flaviano una versione latina o una revisione della Vita Apollonii di Filostrato: la seconda opzione è quella esatta.
Le novità cominciano, quando Thomson contesta che l'opera sia il frutto di una consapevole frode e che quindi il suo autore sia un falsario; qui egli mi sembra molto persuasivo nel sottolineare che il nostro concetto di veridicità storica non è quello che poteva avere un erudito del IV secolo; costui poteva in buona fede ritenere che la storia lacunosa del II-III secolo si potesse ricostruire e riempire, anticipando istituzioni e cariche del IV secolo, ricreando all'indietro situazioni e temi tipici del suo tempo, in una sorta di mélange diacronico, dove il passato si fa contemporaneo. Aggiungerei che non è molto diverso il procedimento fondato su doppioni e su Rückprojezierungen, attraverso il quale in età augustea Livio e Dionisio di Alicarnasso ricostruirono la storia romana arcaica.
La proposta di identificare il Flavio Vopisco Siracusano, ultimo dei sei nomi fittizi, che si attribuisce l'autore dell'Historia Augusta, con il Naucellio degli Epigrammata Bobiensia è presentata con grande cautela, come una semplice ipotesi meritevole di ulteriore approfondimento, ma che 'Vopisco' e Naucellio gravitino intorno al medesimo milieu culturale è senza dubbio ben più di una suggestione.
Parimenti la restaurazione dell'ordine originale di successione delle biografie secondo la tradizione manoscritta e non secondo l'ordine cronologico permette di dividere il corpus dell'Historia Augusta in tre gruppi, il primo da Adriano a Caracalla e Geta, in prevalenza ascrivibile a 'Sparziano' e dipendente per lo più da Mario Massimo, il secondo da Eliogabalo a Massimo e Balbino, in prevalenza ascrivibile a 'Lampridio' e a 'Capitolino' e dipendente per lo più da Erodiano e Dexippo, il terzo da Valeriano a Caro, Carino e Numeriano, in prevalenza ascrivibile a 'Pollione' e 'Vopisco' e dipendente per lo più da Dexippo e una successiva fonte greca, forse Eunapio. La lacuna iniziale riguardante le vite di Nerva e Traiano, il disordine cronologico all'inizio del secondo gruppo, dove Eliogabalo precede Diadumeniano, Macrino e Clodio Albino, e la grande lacuna tra secondo e terzo gruppo, cioè tra Gordiano III e Valeriano, sarebbero anch'esse originarie e si spiegherebbero non con motivi 'ideologici', ma con la necessità dell'autore di ristrutturare il corpus delle biografie secondo ineludibili esigenze di spazio, p.es. per inserire anche gli usurpatori.
L'ultimo capitolo sul Nachleben dell'Historia Augusta contiene pagine sensate su quel medesimo milieu culturale dei Nicomachi-Simmachi che ne vide la genesi e che si curò di preservarla insieme con opere come i Commentarii in Somnium Scipionis di Macrobio e gli Exempla elocutionum di Arusiano Messio. Questo è però il capitolo più debole, perché non utilizza né le importanti riflessioni di Santo Mazzarino, Il pensiero storico classico, Bari 1966, II,1, 221 sull'Historia Augusta come patrimonio di famiglia dei Nicomachi-Simmachi, né le mie recenti ricerche sul tema (G. Zecchini, L'Historia Augusta da Memmio Simmaco a Paolo Diacono, HA Colloquium Genevense III, Bari 2010, 229-235 = Ricerche di storiografia latina tardoantica, II, Roma 2011, 223-229), che contraddicono in particolare due affermazioni di Thomson: la prima testimonianza dell'uso dell'Historia Augusta nel Medioevo non sarebbe la Vita Karoli di Eginardo, ma l'Historia Langobardorum di Paolo Diacono, che venne a conoscere l'Historia Augusta tra Roma e Montecassino, la duplice tradizione manoscritta medievale (il codice P e la famiglia Σ) non ha nulla a che fare con Bobbio, ma deriva dalla biblioteca di Teoderico a Verona e da quella dei Simmachi a Roma.
Di là da questi rilievi il volume di Mark Thomson è scritto con grande chiarezza e approfondita conoscenza della materia, è corredato di una bibliografia molto ricca e si rivela un'affidabile e stimolante Einleitung alla complessa problematica della più affascinante raccolta di biografie della tarda antichità.
Giuseppe Zecchini