Rezension über:

Alexandra Eckert: Lucius Cornelius Sulla in der antiken Erinnerung. Jener Mörder, der sich Felix nannte (= Millennium-Studien zu Kultur und Geschichte des ersten Jahrtausends n. Chr.; Bd. 60), Berlin: de Gruyter 2016, X + 265 S., ISBN 978-3-11-044981-5, EUR 79,95
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Rezension von:
Federico Russo
Universität Wien
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Federico Russo: Rezension von: Alexandra Eckert: Lucius Cornelius Sulla in der antiken Erinnerung. Jener Mörder, der sich Felix nannte, Berlin: de Gruyter 2016, in: sehepunkte 17 (2017), Nr. 1 [15.01.2017], URL: https://www.sehepunkte.de
/2017/01/29108.html


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Alexandra Eckert: Lucius Cornelius Sulla in der antiken Erinnerung

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L'opera di seguito recensita affronta con approccio innovativo e metodologicamente ben argomentato una tematica complessa quale il ricordo di L. Cornelio Silla così come essa emerge nella tradizione antica, in parte influenzata anche dall'autorappresentazione che di sé il dittatore volle dare nella sua opera autobiografica. E' bene sin da subito precisare che la ricerca portata avanti dall'Autore non si esaurisce in una tradizionale ricostruzione di tipo storiografico dei diversi filoni esistenti sulla figura di Silla, quanto piuttosto analizza, in modo originale, alcuni punti centrali della vita sillana adottando strumenti d'indagine e categorie interpretative, che, recentemente, sono state fruttuosamente applicate allo studio anche dell'antichità.

In particolare, il concetto base a cui l'Autore, sin dall'inizio dell'opera (capitolo I.4), si riferisce è quello di "memoria culturale", che viene declinato nei suoi due aspetti più noti, quello di memoria culturale individuale e memoria culturale collettiva (ampi sono a questo proposito i riferimenti agli studi fondamentali, in questo campo, di Jan e Aleida Assmann, le cui indagini informano, evidentemente, l'ossatura metodologica ed anzi ideologica dello studio recensito). Tali categorie, che spesso sono viste anche in contrapposizione o perlomeno non in perfetta armonia, vengono ampiamente discusse nel citato capitolo I.4 del libro (Das Kulturelle Gedächtnis), al cui interno l'Autore sintetizza in poche ma dense righe, ricche di riferimenti bibliografici l'attuale dibattito relativo alla liceità, o meno, dell'impiego di questi concetti - ed altri similari o intrinsecamente ad essi collegati, come quello di memoria delegittimante, su cui l'Autore ha modo di soffermarsi a lungo a proposito della stigmatizzazione del ricordo del dittatore - a problemi dell'evo antico. Dopo aver analizzato le differenze tra due approcci teorici molto diversi al problema della formazione della memoria culturale, distinti peraltro a seconda dell'origine geografica e culturale degli studiosi di riferimento (essenzialmente di area tedesca e di area anglofona, per cui si veda i capitoli I.4.3 - I.4.5), l'Autore sostiene che qualunque espressione di memoria culturale collettiva sia necessariamente riconducibile a precedenti esperienze di memoria individuale; quest'ultime, nel caso specifico del problema in questione, troveranno espressione in opere anche di carattere storiografico (capitolo I.4.6). Partendo da questa ampia, strutturata e ben informata premessa metodologica, l'Autore passa ad analizzare alcuni grandi temi relativi alla vita di Silla, cercando di individuare i tempi ed i modi in cui si formò la memoria collettiva, a Roma, relativa al dittatore. In particolare, scopo dell'Autore, è quello di distinguere i vari apporti individuali, compreso quello originale di Silla, alla formazione del ricordo sillano, che, come l'Autore mette giustamente in risalto più volte nel corso del libro, condizionò, anche in modo pesante, alcuni aspetti dell'ideologia, della politica e della propaganda romana.

Dal punto di vista cronologico, l'Autore, già nelle ultime pagine dell'introduzione dedicata alla trattazione del concetto di memoria culturale e nelle primissime del capitolo II, pone il problema di quando sia effettivamente "nata" la memoria di Silla, che, come già espresso da altri (U. Laffi), si configurò presto come un mito, così come la sua caratterizzazione negativa (II.1).

Riproponendo un valido spunto proposto da H. Heftner, l'Autore pone in discussione l'idea, comunemente accettata, che la connotazione negativa della figura sillana sia in misura prevalente attribuibile al terribile periodo delle proscrizioni, che l'Autore definisce icasticamente "Trauma" per Roma e a cui dedica un'amplissima ed importante parte del libro (II.7). Pur non mettendo in dubbio che le proscrizioni abbiano giocato un ruolo fondamentale e dirimente nella caratterizzazione di Silla come tiranno crudele (a livello di mito), l'Autore mostra come anche altri episodi, cronologicamente precedenti, abbiano contribuito all'immagine negativa del dittatore così cara alle fonti di qualunque periodo (degna di nota la citazione, posta subito all'inizio del libro, di un lemma del lessico della Suda relativo proprio alla figura di Silla, a simbolo del problema affrontato dall'indagine e della persistenza, nei secoli, di quella memoria culturale incentrata sulla figura di Silla).

Dopo quest'ampia premessa metodologica, necessaria anche ad inquadrare il libro nella cornice della ricerca corrente relativa al concetto di memoria culturale, l'indagine vera e propria procede secondo un andamento cronologico, soffermandosi in particolare su otto macrotemi che individuano i punti più salienti della vita sillana e che scandiscono l'ampia analisi che copre l'intero capitolo II. Tra questi, particolarmente degna di menzione è la trattazione del tema della felicitas di Silla e dell'immagine di Silla felix nelle fonti letterarie in primo luogo ma anche in quelle numismatiche. Dopo una breve premessa sui concetti di felicitas, in ambito sia collettivo che individuale in età repubblicana, e dopo aver individuato e distinto le varie tradizioni a questo proposito, cercando di far emergere l'apporto più propriamente sillano a queste tramite l'autobiografia del dittatore e quindi la direzione data direttamente da Silla alla costruzione della sua futura "memoria culturale", in modo molto interessante ed originale l'Autore mostra la persistenza dell'alone negativo che si associò a tali concetti proprio a causa dell'esperienza sillana. Risalendo ad alcune considerazioni già ciceroniane, l'Autore pone in risalto come l'epiteto felix, che più di altri nella memoria collettiva romana rimandava proprio al dittatore, cadde presto in disuso, se non in disgrazia, fino a diventare un tabù (76). Esso fu accuratamente evitato da Augusto, nella cui propaganda, d'altra parte, il concetto di felicitas era fondamentale in quanto legato alla nuova era inaugurata (appunto felicemente) dal princeps, e da tutti gli imperatori fino a Commodo, il primo, dopo secoli, ad assumere l'epiteto felix nella propria titolatura (l'ultimo era stato un discendente della gens di Silla morto in età augustea). Differentemente da felix, il concetto di felicitas, che, come l'Autore dimostra nella breve ma esaustiva trattazione del tema felicitas nella cultura romana, si attagliava soprattutto a Roma nella sua collettività, seguì un destino diverso, non essendo intaccato dalla memoria negativa di Silla che invece aveva inglobato, in modo quasi definitivo, quello di felix. Tale processo, ricostruito sempre con aderenza alle fonti, inizierebbe anche prima delle famigerate proscrizioni, a dimostrazione che la costruzione della memoria di Silla, indotta o meno dal soggetto stesso, era iniziata molto presto.

Nell'ultima sezione (capitolo III) si tirano le somme dell'indagine e l'Autore, con suggestivo andamento circolare, ritorna su quella citazione del lessico della Suda da cui la ricerca aveva preso le mosse. Il capitolo finale è costituito da una sintesi delle conclusioni relative alla trattazione dei macrotemi analizzati nel capito II. Come nel caso qui sintetizzato della felicitas sillana, anche in altri contesti si individuano, nella tradizione letteraria (principalmente ma non esclusivamente storiografica), i momenti che contribuirono alla formazione della memoria sillana: episodi particolarmente violenti, quali gli anni tumultuosi successivi alla guerra sociale e culminanti nell'episodio di Porta Collina e le proscrizioni, portarono a quello che l'Autore definisce "Kulturelles Trauma" (209), inglobato poi nella memoria culturale (si veda l'interessante trattazione del tema del ricordo del trauma sillano nella cultura di Roma, 212) incentrata su Silla come tema principale e maggiormente caratterizzante il dittatore.

In sintesi, l'opera coniuga un'analisi tradizionale e attenta delle fonti letterarie ad un approccio metodologicamente nuovo, facendo emergere aspetti interessanti in tradizioni altrimenti ampiamente esplorate. Si potrà forse notare che non sempre, nella trattazione delle fonti, si chiarisce fino a che punto i commentari sillani influenzarono la memoria stessa del dittatore. Infatti, oltre all'analisi puntuale dei frammenti certamente ascrivibili all'opera sillana, in alcuni casi si sarebbe potuto provare a scandagliare le fonti per trovare possibili lacerti di tradizione sillana anche laddove l'opera sillana non sia esplicitamente menzionata (la vita plutarchea di Silla, ad esempio, potrebbe essere legata ai commentari del dittatore molto più di quanto appaia dalla semplice enumerazione delle citazioni dirette).

Ad ogni modo, l'opera di Eckert propone originali e suggestive considerazioni, che sia i prossimi studi incentrati su Silla, sia quelli dedicati alla riflessione sul concetto di memoria culturale (in tutte le sue declinazioni) dovranno necessariamente tenere in considerazione.

Federico Russo