Fred S. Naiden: Soldier, Priest, and God. A Life of Alexander the Great, Oxford: Oxford University Press 2019, XII + 407 S., 8 Kt., 19 s/w-Abb., 4 Tbl., ISBN 978-0-19-087534-3, GBP 18,99
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Organizzato in 12 capitoli, il volume di Fred Naiden si unisce alle tantissime monografie su Alessandro apparse negli ultimi anni. La presenza di elementi di novità utili al dibattito scientifico è l'unico elemento che può giustificare una nuova biografia sul Macedone, e nel contempo dare al testo la forza di farsi spazio in una bibliografia sterminata e ormai pressoché incontrollabile. Naiden lo indica nel rapporto tra Alessandro e la religione, sul quale (2) nessuna biografia - ma l'Autore cita per lo più quelle 'in English' (2-3) - si sarebbe soffermata.
Che il taglio del volume sia divulgativo lo si intende sia dallo stile narrativo che a volte diventa quasi favolistico, sia dalla collocazione delle note a fine testo che ha l'obiettivo di non rompere l'incantesimo della narrazione, sia - soprattutto - dalla scelta dell'autore di chiudere tutti i capitoli con storie leggendarie fiorite su Alessandro e tratte dalle più disparate tradizioni. Una scelta, questa, che se da una parte rende accattivante la lettura, dall'altra allontana irreparabilmente gli specialisti, che vedono collocate in un unico calderone e spesso su piani non sempre chiaramente distinti realtà e leggenda, tradizioni fededegne e notizie chiaramente false. Quest'ultimo aspetto è accresciuto dal fatto che l'Autore trova opportuno mescolare tradizioni di vario genere dando ampio spazio ad aneddoti di dubbia autenticità provenienti da fonti erudite.
Come rilevato, il filo conduttore del volume è il rapporto tra Alessandro e la religione: sia quella greco-macedone, sia quella delle popolazioni orientali che il Macedone man mano sottomise. La domanda che Naiden si pone continuamente è se Alessandro conoscesse o meno i culti attestati nei territori attraversati e conquistati. Da qui la sua attenzione a riti, sacrifici, oracoli, profezie che, come ampiamente noto, contrassegnarono l'intera spedizione.
L'interesse per la religione non toglie al volume il suo carattere di biografia tradizionale in nulla differente da quelle già pubblicate. Così l'Autore si sofferma, come già moltissimi in passato, sulle battaglie, sul numero di morti e feriti, sulla logistica, sulla composizione dell'esercito, sulle distanze, sulla geografia dei luoghi, su personalità di spicco nell'esercito macedone e persiano. Ne è solo un esempio lo spazio riservato alla battaglia del Granico (47-54).
Paradossalmente in uno studio, nel quale Naiden pone al centro la religiosità di Alessandro, manca una completa spiegazione e una chiara comprensione (54) di un gesto importante del Macedone dettato da motivazioni religiose: l'invio ad Atene di 300 panoplie sottratte ai Persiani nella battaglia del Granico come anathema alla dea Atena, secondo quanto rileva Arriano (Anab. I 16.7), certamente più preciso di Plutarco (Plut., Alex. 16.17) riportato ad litteram. Ugualmente arruffato appare anche l'episodio relativo al nodo di Gordio sul quale la tradizione rappresentata principalmente da Arriano (Anab. II 3) fornisce due versioni: la prima affermava che Alessandro l'aveva tagliato, ma il re fece dire che l'aveva sciolto; la seconda, tramandata da Aristobulo (Aristob., FGrHist 139, F 7a-b = BNJ 139, F 7a-b, ap. Plut., Alex. 18.4 e Arr., Anab. II 3.7), riferiva che l'aveva sciolto secondo quanto la profezia prevedeva. Fu la versione messa in giro da Alessandro a essere ratificata da Zeus, e non il taglio del nodo come sbrigativamente indica Naiden ("Zeus approved of Alexander", 60).
Lasciando da parte le molte inesattezze del volume (ad esempio il ferimento di Filippo a Olinto, quando invece il Macedone fu colpito all'occhio durante l'assedio di Metone, 18), l'Autore sostiene il tema religioso ricorrendo in tantissime occasioni a ipotesi non supportate da alcun elemento probante. Nell'arco di tutto il volume è evidente un costante 'processo alle intenzioni'. Se a p. 52 Naiden riferisce che prima della battaglia del Granico "soldiers thought the gods would appear out of nowhere, terrifying the enemies"; a p. 246 va oltre costruendo un castello di ipotesi. Così, soffermandosi sulle cure che i medici avrebbero somministrato ad Alessandro ormai in fin di vita, rileva che "Perhaps his doctors did, too. The doctors who had cured him after his illness in Cilicia attended him, and probably used common Greek methods for regulating bodily humors - emetics, diuretics, and bloodletting. Perhaps the doctors thought that Alexander suffered from an excess of black bile".
Questo modo di procedere non appare isolato. A p. 22 l'Autore parla di "Philip's corps of doctors, another of his military innovations, tended to the wounded", non sostenendo tale affermazione, del resto assente nella documentazione superstite, con prove documentali; a p. 236, citando come sua fonte (356 nota 26) Arriano (Anab. VII 19.69), riferisce che "when Arabs skeiks came out of the desert bringing impressive gifts such as frankincense, he demanded that they submit to him. To his amazement, they refused". Una chiara forzatura del passo, visto che Arriano rileva che gli Arabi erano stati i soli a non sottomettersi ad Alessandro, il quale decise così di intraprendere spedizioni esplorative lungo la penisola. Ugualmente azzardata la riflessione di p. 179, nella quale Naiden riferisce che "Scylax said nothing about India's Brahmans, Buddihsts, and Jains and he said nothing about the caste system", considerazione perlomeno 'audace' di fronte a un autore il cui resoconto è giunto in frammenti (Scylax, FGrHist 709).
In un volume così concepito emergono le bellissime cartine, i disegni e i dipinti ispirati alla spedizione di Alessandro (ad esempio, a p. 213 il Bolan Pass, illustrazione di Luis Charles Haghe del 1842), le tre appendici che riassumono episodi, protagonisti e tradizioni legate alla sfera religiosa, le ampie introduzioni geografiche, come quella relativa all'India (187), il racconto appassionante del viaggio di Nearco (218-221). Molto utili anche le presentazioni (ad esempio a p. 106) dei diversi culti nei quali si imbatté Alessandro. Esse aiutano a capirne l'importanza per le popolazioni locali, a comprenderne il radicamento nei territori conquistati, a cogliere le profonde differenze dalle tradizioni macedoni. Metodologicamente valida infine la scelta di affiancare - laddove possibile - a fonti 'occidentali' anche tradizioni orientali neglette nella maggior parte dei casi.
In conclusione, lo studio di Naiden può essere considerato una traccia, alquanto romanzata, della vita e dell'impresa di Alessandro, gradevole alla lettura per un pubblico di appassionati, ma certamente poco fruibile da parte di specialisti che del sovrano cercano di presentare un ritratto sfrondato della leggenda e delle tante ipotesi storiografiche formulate nel corso del tempo. Pur in parte originale per il taglio, esso non si sottrae nel suo fluire a un racconto complessivamente tradizionale dell'impresa asiatica. Un volume nella cui costruzione ci sono senza dubbio dottrina e impegno, ma del quale gli studi su Alessandro e lo stesso Alessandro non avevano certo bisogno.
Giuseppe Squillace