Rezension über:

Jonas Borsch: Erschütterte Welt. Soziale Bewältigung von Erdbeben im östlichen Mittelmeerraum der Antike (= Bedrohte Ordnungen; Bd. 11), Tübingen: Mohr Siebeck 2018, XIII + 397 S., ISBN 978-3-16-156263-1, EUR 69,00
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Rezension von:
Alessia Terrinoni
Rom
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Alessia Terrinoni: Rezension von: Jonas Borsch: Erschütterte Welt. Soziale Bewältigung von Erdbeben im östlichen Mittelmeerraum der Antike, Tübingen: Mohr Siebeck 2018, in: sehepunkte 20 (2020), Nr. 9 [15.09.2020], URL: https://www.sehepunkte.de
/2020/09/33770.html


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Jonas Borsch: Erschütterte Welt

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"Che cosa può sembrarci sicuro a sufficienza, se il mondo stesso è scosso e le sue parti più solide tremano? [...]; se la terra ha perso quella sua peculiarità, la stabilità: dove si placheranno le nostre paure? [...] Lo sbigottimento è generale, quando le case scricchiolano e si annuncia il crollo". Le parole di Seneca a commento del terremoto del 62 d.C. nella zona di Pompei (Nat. Quest. VI, 1, 4) evidenziano una prospettiva marcatamente antropocentrica che vede nel terremoto non solo un fenomeno della natura, ma un evento che per il suo impatto sociale è considerabile come una calamità. È infatti l'uomo che trasforma un terremoto in un disastro poiché lo percepisce come tale e lo interpreta sullo sfondo di specifiche condizioni sociali e mentali, soffrendone le conseguenze. [1] Un terremoto ha la capacità di innescare rapidi cambiamenti nelle dinamiche sociali di una comunità, mettendo in crisi certezze pregresse, pratiche quotidiane e non ultima la stabilità emotiva della popolazione. L'ordine prestabilito preesistente è sottoposto a sollecitazione. Per studiare come sistemi sociali complessi reagiscano a forti tensioni i terremoti offrono decisamente un ottimo spunto.

In questo quadro teorico va collocato il volume di Jonas Borsch. Allontanandosi dalla metodologia catalogica propria di numerosi studi sui terremoti storici (da Demetrio di Scepsis fino all'importante volume di E. Guidoboni del 1989), [2] l'autore si propone di considerare il fenomeno del terremoto trattando un cospicuo numero di casi di studio relativi all'area del Mediterraneo orientale tra V a.C. e VI d.C., utilizzando una metodologia orientata alla percezione sociale dei disastri. Si inserisce pertanto in quel settore della Historische Naturkatastrophen Forschung che a partire dal saggio di A. Borst sul terremoto del 1348 in Carinzia [3] ha elaborato fino ad oggi metodologie dedicate allo studio della Wahrnehmung e Deutung delle calamità del passato (da ultimi Granet-Abisset 2000; Groh et al. 2003; Frömming 2006; Shenk 2007; Allen 2013; Frie 2014; Schenk 2017). [4] Il volume trova pertanto una naturale collocazione nella collana del progetto di Tubinga "Bedrohte Ordnungen" che costituisce ad oggi un punto di riferimento per lo studio di quelle dinamiche e quei fenomeni, tra cui le catastrofi naturali, capaci di mettere in crisi ordini prestabiliti.

Il volume di J. Borsch si propone di analizzare e categorizzare i modelli di azione e interpretazione messi in atto da diverse comunità antiche del Mediterraneo Orientale dopo un terremoto. La tradizione storiografica costituisce il bacino di fonti più significativo per l'indagine di B., anche se non mancano in apertura di ogni capitolo dati morfologici e tecnici che inquadrano e chiariscono la natura sismica dei territori trattati. Lo stato delle fonti condiziona decisivamente l'impostazione del lavoro e fa sì che il volume si incentri soprattutto sull'evoluzione della riflessione sui terremoti nella letteratura antica con particolare riferimento, di volta in volta, all'influsso della tradizione precedente.

Dopo una introduzione teorico-metodologica (cap. 1) il volume presenta un capitolo di carattere comparativo (cap. 2) in cui l'autore esamina il comportamento delle comunità coinvolte in tre diversi terremoti tra XV e XX secolo (Napoli 1456; Lisbona 1755 e San Francisco 1906). I processi innescati da questi tre eventi occorsi in epoche e contesti culturali diversi sono esaminati seguendo un medesimo schema che va a ricercare le forme dell'agire e della comunicazione dopo il terremoto. Riguardo alla sfera dell'agire l'autore esamina le pratiche messe in atto all'indomani dell'evento, con particolare attenzione alle dinamiche che si instaurano tra potere centrale e comunità colpita. Più spazio è dedicato all'aspetto comunicativo e in particolare ai modi della diffusione della notizia, ai contenuti e ai toni della stessa, all'interpretazione del terremoto in continuità o discontinuità rispetto a modelli interpretativi del passato e alle forme della commemorazione a lungo termine. La scelta di aprire il volume con questa sezione comparativa dedicata alla modernità può apparire azzardata. Tuttavia i tre esempi sono estremamente utili per individuare le direttrici di ricerca su cui è costruita l'analisi sull'antico nei capitoli successivi. Più delle linee di continuità nelle dinamiche sociali innescate dai terremoti il capitolo è interessante per l'esame delle differenze specifiche che dipendono dal dato cronologico, topografico e contestuale. Ad esempio, l'impostazione chiaramente illuministica della gestione della crisi e dei modi della comunicazione ufficiale dopo il terremoto di Lisbona del 1755 rivelano una netta discontinuità rispetto alle dinamiche napoletane del 1456 in cui si combinarono un certo disinteresse del potere centrale e una fortissima impronta metafisica nelle interpretazioni dell'evento.

Il resto del libro si articola in quattro capitoli strutturati secondo un criterio ibrido, in parte topografico, in parte cronologico, che molto dipende dallo stato delle fonti. I cap. 3, 4, e 5 trattano di terremoti avvenuti in 3 macroaree (Grecia, Asia Minore Siria) in differenti segmenti cronologici che sono stati scelti in base alla documentazione superstite. Per la Grecia per esempio il maggior numero di testimonianze è tramandato per il V e il IV secolo a.C., pur con alcune eccezioni che arrivano fino al II d.C., e dunque l'indagine è svolta prevalentemente sull'epoca classica. Viceversa, il cap. 6 tratta principalmente di un terremoto specifico, quello del 21 luglio del 365 d.C. che per l'ampiezza del corredo documentario offre la possibilità di costruire un'analisi dedicata a un preciso segmento di tardo antico (350-360 d.C.). Chiude il libro un capitolo di sintesi (cap. 7) che riordina e categorizza i materiali esaminati.

L'acribia nell'individuazione e nel commento puntuale delle fonti, sia greche sia latine, dalla Grecia classica fino al tardo antico è una delle caratteristiche di pregio di questo volume. L'analisi è infatti saldamente ancorata al dato letterario e nonostante il grande volume di materiali e di epoche diverse, la disposizione razionale degli stessi fa sì che il testo possa essere consultato con efficacia su singole e specifiche questioni.

Una qualche perplessità riguarda l'impostazione delle sezioni relative all'epoca alto-imperiale. Nonostante il volume delimiti già nel titolo il suo campo di indagine alla parte orientale del Mediterraneo, lo studio delle forme di intervento imperiale nel post-terremoto (invio di denaro, sgravi fiscali, invio di tecnici qualificati etc.) non può prescindere da una valutazione e un confronto sui modi di gestione delle emergenze nella parte occidentale dell'impero, siano esse terremoti o altri tipi di calamità. Il terremoto in Campania nel 62 d.C., l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. o anche l'incendio neroniano del 64 d.C., per quanto avvenuti in Occidente, sono eventi troppo rilevanti ai fini della costruzione di categorie e modelli riguardanti la gestione della crisi in epoca imperiale, per essere richiamati solo brevemente nell'opera. Si segnala inoltre una svista a p. 180, dove l'eruzione del 122 a.C. che distrusse Catania deve essere necessariamente attribuita all'Etna e non al Vesuvio come si legge anche in Aug. Civ. 3, 31.

Al netto di questi rilievi, lo sforzo di categorizzazione è l'aspetto più pregevole del libro e lo rende un testo imprescindibile per chi dovrà confrontarsi ancora con il tema dei terremoti nell'antichità. L'autore è riuscito a istituire un confronto convincente tra dinamiche e processi del post-terremoto nel Mediterraneo Orientale pur a partire da un panorama di fonti eterogeneo e distribuito non omogeneamente su un arco temporale molto lungo. Gli schemi interpretativi anticipati nel capitolo comparativo sul moderno, producono anche sull'antico risultati rilevanti. In particolare, l'esame dell'evoluzione diacronica dei modelli interpretativi dei terremoti dalla grecità classica fino al tardo antico offre spunti interessanti per sviluppi di ricerca futuri. Se nella Grecia classica il fenomeno aveva una semantica rilevante per l'intera comunità e condizionava le azioni complessive della stessa (riti, guerre, affari interni), con il passare del tempo tale rilevanza andò scemando e le interpretazioni si legarono a singoli e precisi eventi per poi vincolarsi indissolubilmente al destino degli imperatori. Tale processo di concretizzazione e delimitazione dell'interpretazione del terremoto meriterebbe di essere ripreso e sviluppato. Stesso discorso vale per le riflessioni sugli Strafkontexte legati ai terremoti, da cui si può aprire la via a nuovi studi nel campo della Katastrophenforschung che implichino anche le categorie del diritto, insieme a quelle della religione. Nel complesso l'esaustività della trattazione delle fonti, lo sforzo di tipologizzazione complessiva e non ultima la chiarezza nella struttura del testo fanno di questo libro un ottimo tassello nel panorama sia degli studi sulle catastrofi naturali, sia delle ricerche sull'evoluzione diacronica delle dinamiche socio-culturali in una prospettiva di longue durée.


Note:

[1] M. Meier: Zur Terminologie der (Natur-)Katastrophe in der griechischen Historiographie - einige einleitende Anmerkungen, in: Historical Social Research 32/3 (2007), 44-56, spec. 44.

[2] E. Guidoboni: I terremoti prima del Mille in Italia e nell'area mediterranea, Bologna 1989.

[3] A. Borst: Das Beben von 1348. Ein historischer Beitrag zur Katastrophenforschung, in: Historische Zeitschrift 233 (1981), 529-569.

[4] A. Granet-Abisset / R. Favier (éds.): Histoire et mémoire des risques naturels, Grenoble 2000; D. Groh / M. Kempe / F. Mauelshagen (Hgg..): Naturkatastrophen. Beiträge zu ihrer Deutung, Wahrnehmung und Darstellung in Text und Bild von der Antike bis ins 20. Jahrhundert, Tübingen 2003; U. Frömming: Naturkatastrophen, Frankfurt am Main 2006; G. Schenk: Historical disaster research: state of research, concepts, methods and case studies, in: Historical Social Research 32/3 (2007), 9-31; P. Allen / B. Neil: Crisis management in late antiquity, Leiden 2013; E. Frie / M. Meier. Aufruhr - Katastophe - Konkurrenz - Zerfall. Bedrohte Ordnungen als Thema der Kulturwissenschaften, Tübingen 2014; G. Schenk: Historical disaster experiences. Towards a comparative and transcultural history of disasters across Asia and Europe, Cham 2017.

Alessia Terrinoni