Marte Zepernick: "Heilige Bäume" in der antiken griechischen Religion (= Antike Kultur und Geschichte; Bd. 21), Münster / Hamburg / Berlin / London: LIT 2020, 224 S., ISBN 978-3-643-14697-7, EUR 29,90
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"'Heilige Bäume' waren wichtige Elemente der griechischen Religion" (120): in questi termini si conclude un agile volumetto, versione rielaborata di una tesi di Master difesa nel 2019 presso l'Università di Göttingen, che prende in esame un tema di grande interesse: il ruolo delle piante nella religione greca. La prospettiva adottata dall'Autrice, dichiarata sin dalle prime pagine, è di sgombrare il terreno da approcci di tipo animistico che hanno marcato la letteratura scientifica tra XIX e XX sec. arrivando a postulare forme di "dendrolatria" nel mondo greco. Il volume si apre con una breve introduzione che prende le mosse da un'orazione attribuita a Lisia (VII, Aeropagitico. Discorso sull'ulivo sacro), in cui un ricco possidente ateniese si difende dall'accusa di aver abbattuto uno degli ulivi sacri ad Atena che crescevano all'interno del suo podere, reato per il quale, secondo Aristotele (Ath. Pol. 60, 1-3), sarebbe stata prevista persino la pena di morte. L'episodio fornisce lo spunto per avviare una riflessione sulla categoria di "albero sacro" considerata utile a indagare la relazione tra natura e religione in ambito greco. L'Autrice individua subito come "sacre" quelle piante rilevanti e significative dal punto di vista religioso e, dopo un rapido ma puntuale status quaestionis, precisa il corpus documentario su cui concentrerà la sua attenzione, selezionando non solo i passi in cui gli alberi sono chiaramente qualificati con l'aggettivo hieros (solo occasionalmente presente nelle fonti) o da altri termini, più o meno, riconducibili allo stesso orizzonte semantico (per es. hagnos), ma anche quelli il cui contesto e le pratiche rituali descritte consentono di dedurne la pertinenza alla sfera divina.
Le testimonianze prese in considerazione ricoprono un arco temporale abbastanza ampio che va dai lirici alle tragedie attiche, da Erodoto a Pausania, senza tralasciare la documentazione epigrafica e, in particolare, i testi che contengono precise norme rituali, ancora definite - seppur tra virgolette - "Leges sacrae" (15). Il campo di esplorazione è circoscritto alla Grecia peninsulare, benché non manchino puntuali incursioni in ambito insulare e microasiatico. Il volume è suddiviso in brevi dossier tematici. Il primo prende in esame la categoria di alsos "bosco sacro" e si concentra su alcuni episodi significativi: i crimini di Erisittone nei confronti degli alberi sacri a Demetra, raccontati nei versi dell'Inno di Callimaco dedicato alla dea, o l'empietà del re spartano Cleomene contro gli arbusti del bosco sacro di Argo (Hdt. 6. 78 e Paus. 2.20.8; 3.4.1). L'analisi di questi episodi mostra, secondo l'Autrice, che gli alberi non sono semplicemente un elemento decorativo, ma contribuiscono alla costruzione di uno spazio adatto all'incontro con il divino. L'indagine si focalizza poi su singole tipologie di alberi, all'interno dei santuari: la quercia del centro oracolare di Zeus a Dodona; l'ulivo di Olimpia, portato dal paese degli Iperborei e piantato da Eracle dal cui fogliame si intrecciavano le corone degli atleti vincitori alle competizioni sportive; l'ulivo cresciuto sull'Acropoli di Atene, i cui virgulti, germogliati tra le ceneri della devastazione persiana del 480 a.C., recavano memoria di un passato glorioso in cui l'Attica era contesa tra Atena e Poseidone e testimoniavano il persistere del favore e della protezione divini accordati alla città. Casi limite sono rappresentati dal mirto della città di Boiai nel sud della Laconia, luogo presso cui Artemide Soteira avrebbe indicato ad alcuni esuli il luogo in cui trasferirsi (Paus. 3.22.11) e il platano di Elena a Sparta, ai cui rami era appesa, secondo i versi di un idillio di Teocrito (18. 45-48), l'invito rivolto al viandante a "onorare" (sebein) la pianta. Per questi casi, il lessico impiegato nelle fonti e, nella fattispecie, l'uso del verbo sebein sembrerebbero suggerire l'esistenza di un culto ad essi riservato, ma l'Autrice, molto opportunamente, precisa che è proprio il legame specifico con una divinità, o con un'eroina, e il ruolo svolto dalla pianta nella vicenda mitica a consentirne l'inserimento nella categoria di "alberi sacri".
"Sacri" quindi - conclude l'Autrice - non sono gli alberi per sé stessi, ma solo in virtù del legame privilegiato con una divinità o con il passato ancestrale di una comunità o in qualità di marcatori di uno spazio riservato all'incontro con il divino. Un utile indice chiude questo volume che si inserisce in un filone molto promettente di indagine che è quello della storia ambientale del mondo antico. In questo senso rappresenta certamente un contributo importante, soprattutto per l'individuazione dei singoli casi studio. Forse, un maggior apporto alla riflessione sarebbe potuto venire dalla consultazione degli studi recenti sulla costruzione del paesaggio sensibile, condotti soprattutto in ambito francese e, in particolare, del volume di P. Brulé, Comment percevoir le sanctuaire grec. Une analyse sensorielle du paysage sacré, Paris, 2012. Anche il ricorso alla nozione di "sacro" troppo problematica e scivolosa avrebbe potuto essere meglio giustificata, più che in una nota a piè (126, n. 58), e magari affiancata da quella più efficace di agency (menzionata una sola volta en passant, 39) che avrebbe meglio potuto illustrare la capacità d'azione degli alberi in ambito religioso. Al di là di questi pochi rilievi il volume costituisce senz'altro un contributo interessante e meritevole di considerazione.
Daniela Bonanno