Rezension über:

Julian Degen: Alexander III. zwischen Ost und West. Indigene Traditionen und Herrschaftsinszenierung im makedonischen Weltimperum (= Oriens et Occidens. Studien zu antiken Kulturkontakten und ihrem Nachleben; Bd. 39), Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2022, 489 S., ISBN 978-3-515-13283-1, EUR 86,00
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Rezension von:
Giuseppe Squillace
Dipartimento di Studi Umanistici, Università della Calabria, Rende
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Giuseppe Squillace: Rezension von: Julian Degen: Alexander III. zwischen Ost und West. Indigene Traditionen und Herrschaftsinszenierung im makedonischen Weltimperum, Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2022, in: sehepunkte 23 (2023), Nr. 12 [15.12.2023], URL: https://www.sehepunkte.de
/2023/12/37022.html


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Julian Degen: Alexander III. zwischen Ost und West

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Scrivere un nuovo libro su Alessandro Magno potrebbe risultare inutile oltre che rischioso per via dell'imponente mole bibliografica che negli ultimi decenni ha inflazionato il personaggio. Lo sa bene Julian Degen che propone, come sviluppo della sua dissertazione di dottorato, una corposissima monografia che si interroga, più che sul percorso militare del re macedone, peraltro notissimo, su alcuni problemi che caratterizzarono personaggio, impresa, ruoli e tipologia di potere.

Diviso in cinque parti o capitoli (il tipo di scansione non è chiaro) delle quali la prima rappresenta una lunga, troppo lunga, introduzione (11-51), il volume nella seconda parte affronta il tema della pace comune con i Greci e del ruolo di hegemon ricoperto da Filippo, dopo la vittoria di Cheronea, e da suo figlio a partire dal 336 (52-249); nella terza pone in relazione la figura e il ruolo di Alessandro con la regalità babilonese (250-301); nella quarta indaga il ruolo del Macedone rispetto all'impero persiano, alla stirpe reale e alla classe dirigente iranica (302-408). Lo studio termina con le conclusioni (parte quinta, 409-417), la bibliografia finale (parte sesta, 419-476), un indice dei luoghi, dei nomi e delle cose notevoli (477-489).

Se il volume si fa apprezzare per la ricchezza dei dati, viceversa non brilla per capacità di sintesi. Il desiderio di tenere conto di tutta o di gran parte della bibliografia esistente, rischio congenito e minaccia per tutti i lavori su Alessandro Magno, non risparmia la monografia di Degen. La sovrabbondante bibliografia comporta un appesantimento delle note, nelle quali, peraltro, si riscontra un criterio di citazione tutt'altro che uniforme (gli studi sono organizzati in molti casi secondo un ordine cronologico, in tanti altri in forma quasi casuale - ad es. p. 13 nota 7, ma tale anomalia si riscontra in tutto il lavoro), ma anche una scarsa scorrevolezza del testo nel quale, in molti casi, l'Autore annacqua le proprie argomentazioni perdendosi in inutili quanto sterili status quaestionis sutemi abbondantemente indagati,. È così soprattutto nella lunghissima seconda parte (52-249), che costituisce in larga misura una sintesi di ipotesi e percorsi di ricerca già noti sul ruolo di hegemon di Alessandro, sul perdurare della lega di Corinto anche dopo l'editto per il rientro degli esuli del 324, sul rapporto tra il re macedone e i suoi alleati greci.

La sovrabbondanza di dati, documentari e bibliografici, a mio avviso il vero limite del lavoro, costringe l'Autore a formulare delle conclusioni, talora molto lunghe, alla fine di ciascuna parte, e al termine del volume. Paradossalmente è proprio qui che l'Autore, libero ormai dall'insostenibile mole bibliografica, esplicita al meglio le sue tesi chiarendo così il personale apporto al dibattito scientifico.

Pur penalizzato da questa struttura, il volume è comunque apprezzabile per molti aspetti e non manca di originalità. Innanzitutto vi è la scelta e la capacità dell'Autore - elemento, questo, non comune nei lavori su Alessandro - di affiancare alle fonti greco-romane fonti orientali. Offre così un quadro documentario completo nel quale si confrontano visioni differenti e giunge, dunque, soprattutto nella terza e quarta parte, a conclusioni certamente più equilibrate ed equidistanti.

Fondandosi su questa documentazione Degen - ed è questo, a mio avviso, il punto di forza e il dato più originale del suo studio - evidenzia la capacità di Alessandro di tenere in considerazione, nelle sue scelte politiche all'indomani del successo militare a Gaugamela, un tipo di pubblico differente - rispettivamente i Greci che facevano parte della Lega di Corinto, la nobiltà babilonese, la nobiltà e la classe dirigente persiana - e di proporsi nelle forme e nel ruolo a loro più congeniali: hegemon per i Greci; re di origine macedone ma attento alle loro antichissime tradizioni per Babilonesi e Persiani. Come giustamente sottolinea l'Autore (416-417) "Umstand genügend Gewicht bei, so lässt sich sagen, dass Alexander seine Herrschaft in Rahmen von "Shows" einem sowohl ethnisch als auch kulturell heterogenem Publikum vorgeführt hat. [...] Daher lässt sich das Phänomen "Alexander" in unseren Quellen als ein Konglomerat verstehen, unter dessen Dach unterschiedliche Herrscherrollen und Ideologiekonzepte zusammengeführt waren. Auf lokaler Ebene positionierte sich Alexander intensiv gegenüber indigenen Traditionen, die aber auf imperialer Ebene als Gesamtkonzeption seiner Herrschaft, keine Rolle spielten. [...] So sind am Ende der intensive Dialog zwischen "Ost" und "West" und dessen Übersetzung in unterschiedliche kulturelle Kontexte das prägende Element der Herrschaft Alexanders, die einen bestehenden Dialog zwischen den Kulturen Eurasiens dynamisierte und in die pluralistische Welt des Hellenismus überleitete". Un ponte tra Est e Ovest, evidenziato già nel titolo del volume (Alexander III. zwischen Ost und West), che Julian Degen ha cercato di ricostruire, ricavando dallo studio delle fonti e dall'incrocio dei dati un'immagine per alcuni aspetti nuova del re macedone.

Giuseppe Squillace