Rezension über:

Fulvio Delle Donne (a cura di): Domenico di Gravina, Chronicon (= Edizione Nazionale dei Testi Mediolatini d'Italia; 65), Firenze: SISMEL. Edizioni del Galluzzo 2023, VI + 694 S., ISBN 978-88-9290-217-6, EUR 115,00
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Rezension von:
Andrea Mancini
University of Leeds
Redaktionelle Betreuung:
Ralf Lützelschwab
Empfohlene Zitierweise:
Andrea Mancini: Rezension von: Fulvio Delle Donne (a cura di): Domenico di Gravina, Chronicon, Firenze: SISMEL. Edizioni del Galluzzo 2023, in: sehepunkte 25 (2025), Nr. 1 [15.01.2025], URL: https://www.sehepunkte.de
/2025/01/38225.html


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Fulvio Delle Donne (a cura di): Domenico di Gravina, Chronicon

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Ormai anziano e senza eredi diretti, Roberto d'Angiò, re di Napoli, fa sposare la nipote Giovanna con Andrea d'Ungheria, cugini di rami rivali della famiglia, sperando di risolvere la spinosa questione della successione al trono. Alla morte del re, tuttavia, Giovanna assume la corona da sola. Il marito protesta, si appella al papa, ma finisce "velut agniculo" (110) in pasto ai lupi, e dopo due anni di matrimonio viene ucciso. Scoppia la guerra tra i rami rivali.

A raccontarcela è il testo dell'unico manoscritto superstite della cronaca del notaio Domenico di Gravina. Con una prosa tra "le più appassionanti dell'epoca" (17), Domenico racconta le vicende della Murgia, della Puglia, e del regno angioino, dal 1333 al 1350, concentrandosi soprattutto sulle azioni dell'esercito ungherese e il partito magiaro nel sostenere i diritti di successione al trono napoletano di Luigi d'Ungheria contro Giovanna I d'Angiò, all'indomani dell'assassinio del marito Andrea. Una cronaca preziosa e avvincente, di cui Fulvio delle Donne ha curato una nuova edizione critica accompagnata da una traduzione in italiano - l'edizione più recente del testo originale latino risaliva a quella di Albano Sorbelli del 1903.

Introduzione e note di commento sono state composte con la collaborazione di Victor Rivera Magos, Francesco Violante, e Marino Zabbia. Vito Castagna ha curato gli indici. Nel capitolo I, "L'autore" (3), Rivera Magos mette in evidenza i dettagli significativi della biografia di notar Domenico in base alle informazioni sparse all'interno della cronaca (9). Associato al partito ungherese, Domenico finisce esule a Bitonto e durante questo periodo registra i fatti della sua cronaca. L'autore organizza le vicende in uno stile che ha più il sapore del racconto storico piuttosto che della scarna ordinazione annalistica. La cronaca inizia ex abrupto - il manoscritto è acefalo - con la decisione di Roberto d'Angiò di far sposare Giovanna per garantire stabilità al regno. Il racconto degli eventi seguenti, che copre circa un ventennio, si interrompe in maniera altrettanto improvvisa - il manoscritto è anche mutilo - proprio mentre è in corso l'assedio di Aversa, lasciandoci all'oscuro della conclusione dell'opera.

Nel capitolo II, "L'opera" (15), Delle Donne dà conto del titolo, della struttura della cronaca, e dei tratti caratteristici dello stile narrativo dell'autore. Nell'editio princeps del 1703 di Ludovico Antonio Muratori, l'opera compariva con il titolo descrittivo di Chronicon de rebus in Apulia gestis, la coperta del codice riporta invece quello di Cronica de Napoli e di [Hi]storia [Nea]politana (17-18). Per la sua edizione, Delle Donne ha deciso di lasciare, abbreviandolo, quello di Chronicon, ormai affermatosi nella tradizione degli studi.

Quanto al contenuto e alla struttura: un primo nucleo narrativo si conclude con la morte di Andrea d'Ungheria. Nel nono capitolo, che inizia con un lungo commento "che funge da prologo tra l'antefatto ... e le conseguenze" (48), l'autore entra in scena in prima persona lamentandosi per le sorti del regno ("quam miserum regnum") e per quelle personali ("de fortuna conqueror") che lo hanno condotto alla perdita dei beni e all'esilio (134). Come in altre parti della cronaca, l'elaborazione stilistica del passo tradisce un impegno letterario sottostante. Anche se questo tratto, chiarisce Delle Donne, non è mantenuto con costanza lungo tutta l'opera, esso è sufficiente a ricordarci che ciò che ci viene offerto non è altro che una versione degli eventi, filtrata dalla prospettiva e dalle intenzioni soggettive dell'autore (37).

Nel capitolo III, "L'opera nel contesto della cronachistica coeva" (49), Zabbia spiega come nonostante Domenico non citi mai altre fonti narrative, è palese nella sua scrittura una certa familiarità con una tradizione testuale di memorie scritte di cui purtroppo non resta molta traccia. Questa lacuna non è che la conseguenza di una "debolezza della tradizione manoscritta delle cronache" di tutta la Penisola ma ancor più del Mezzogiorno (50). Spesso, infatti, molte cronache tardomedievali si sono conservate in testimoni unici, come nel caso del Chronicon, o in manoscritti composti diversi secoli dopo la stesura dell'originale. Un dato che accomuna queste cronache alla produzione coeva dell'Italia settentrionale e centrale di tradizione comunale è il fatto che molti di questi resoconti sono scritti da notai. Il testo di Domenico si inserisce in questa tradizione di produzione cronachistica notarile di cui sono testimoni il lombardo Azario e il senese Cristoforo di Gano Guidini (54).

Nel capitolo IV, "Domenico di Gravina: una fonte per la conoscenza del paesaggio agrario pugliese", Violante esamina un aspetto non secondario delle cronache bassomedievali di argomento bellico come quella in questione. Esse rendono conto della distruzione delle risorse economiche del nemico, presentandosi quindi agli occhi dello storico come una risorsa eccezionale per lo studio del mondo agricolo medievale. Il ruolo centrale della masseria demaniale, introdotta da Federico II, emerge chiaramente nella cronaca di Domenico. Essendo centri di produzione agricola e di allevamento di bestiame, le masserie sono i bersagli principali delle scorrerie militari, miranti a distruggere i rifornimenti nemici o a utilizzare il bestiame per scopi bellici. Domenico registra così la fisionomia produttiva dell'altopiano delle Murge, sottolineando la centralità della coltivazione di frumento e orzo, la maggiore presenza di mandrie di buoi e ovini nell'entroterra, e la prevalenza di orti e colture arboree nelle zone costiere.

Infine, premessa all'edizione, troviamo la 'Nota al testo' di Delle Donne, che comincia con la descrizione del manoscritto che tramanda il testo della cronaca: ms. Wien, Österreichische Nationalbibliothek, Lat. 3465. Il codice cartaceo, che risale alla metà del sec. XIV, presenta numerosi danni e lacune, come si evince dalla descrizione dettagliata della fascicolazione. Delle Donne affronta inoltre la questione dell'autografia del manoscritto. Nonostante non sia possibile dimostrarlo con certezza definitiva, Delle Donne si dichiara favorevole all'ipotesi che il codice sia autografo, o almeno ideografo, e afferma di essersi comportato di conseguenza in sede di allestimento della facies grafica del testo. In questa sezione vengono inoltre riportate le note marginali per non appesantire l'apparato critico, fatta eccezione per le segnalazioni che hanno valore redazionale. Si elencano infine le edizioni e le traduzioni precedenti, e la bibliografia utilizzata.

Testo e traduzione sono accompagnati da un apparato critico e da un apparto delle fonti. In fondo al volume sono state apposte le 'Note di commento' e una mappa, per una maggiore contestualizzazione e identificazione di personaggi, eventi, e luoghi citati nella cronaca.

In conclusione, non possiamo che sottolineare le ottime qualità del lavoro di Delle Donne, impreziosito dal contributo di esperti collaboratori. Studiosi e studenti dispongono ora di una nuova edizione di riferimento del Chronicon di Domenico di Gravina.

Andrea Mancini