Rezension über:

Béatrice Leroy: Éduquer le roi en Castille aux XIVe et XVe siècles. La Somme de la politique de Rodrigo Sánchez de Arevalo, Limoges: PULIM 2015, 178 S., ISBN 978-2-84287-648-7, EUR 15,00
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Rezension von:
Fulvio Delle Donne
Dipartimento di Scienze umane, Università della Basilicata
Redaktionelle Betreuung:
Ralf Lützelschwab
Empfohlene Zitierweise:
Fulvio Delle Donne: Rezension von: Béatrice Leroy: Éduquer le roi en Castille aux XIVe et XVe siècles. La Somme de la politique de Rodrigo Sánchez de Arevalo, Limoges: PULIM 2015, in: sehepunkte 17 (2017), Nr. 2 [15.02.2017], URL: https://www.sehepunkte.de
/2017/02/29526.html


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Béatrice Leroy: Éduquer le roi en Castille aux XIVe et XVe siècles

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Il libro di Béatrice Leroy è costruito attorno alla Suma de la política di Rodrigo Sánchez de Arevalo, della quale, nella seconda parte del volume, si propone per la prima volta una traduzione in francese (89-170), ma senza alcuna nota esplicativa o di commento, che poteva essere utile a chiarire alcuni passaggi. Il testo seguito è quello dell'edizione offerta da Mario Penna in Prosistas castellanos del siglo XV, B.A.E., Tomo XXVI, Madrid 1959, 249-309 (un'edizione precedente era stata offerta da J. Beneyto Pérez, Madrid 1944). La traduzione del testo, che già, in ogni caso, fornisce importanti linee interpretative, è preceduta da una breve presentazione (75-87), nella quale sono date brevi informazioni e indicazioni sull'autore, sulla struttura dell'opera, su alcuni concetti fondamentali, sulla cultura dell'autore; ed è seguita da una ancora più breve conclusione poco più lunga di una pagina (171-172), nella quale si tirano le fila di alcuni problemi più rilevanti, come quelli relativi ai vizi che fanno del principe un tiranno, o alla città come bene comune.

La Suma de la política, scritta tra la fine del 1454 e l'inizio del 1455, è la prima opera in castigliano di Rodrigo Sánchez de Arevalo, che nel 1457 fu nominato vescovo di Oviedo, nel 1465 di Zamora, nel 1467 di Calahorra e nel 1469 di Palencia. La sua carriera politica ed ecclesiastica, però, ebbe sostanzialmente inizio con il Concilio di Basilea (1431-1438), al quale partecipò con la delegazione spagnola guidata dal vescovo di Burgos, Alonso de Cartagena, che fu uno dei principali referenti dell'incipiente umanesimo castigliano. Il Concilio di Basilea fu un momento particolarmente importante per lo sviluppo culturale dell'Europa e della Spagna in particolare, perché in quell'occasione ebbero modo di diffondersi le nuove idee umanistiche, con le quali alcuni membri della delegazione spagnola si confrontarono per la prima volta. Fu questo anche il caso di Rodrigo Sánchez de Arevalo, che affinò in questa direzione la sua già approfondita cultura, soprattutto nel periodo in cui risiedette stabilmente a Roma dal 1458, pur se mantenne sempre un evidente atteggiamento di resistenza verso alcuni fronti più avanzati dell'umanesimo, restando saldo ad alcuni principi della scolastica.

L'opera di Rodrigo Sánchez de Arevalo è divisa in due libri, che hanno tematiche apparentemente molto diverse, ma assolutamente complementari tra loro. Il primo è relativo alla fondazione, all'edificazione e all'organizzazione della città; il secondo, invece, tratta del buon governo che deve reggere la città, per salvarla e conservarla. Basandosi, dunque, su una costruzione sillogistica di tipo aristotelico, Sánchez de Arévalo ritiene che, posto che la città è una comunità e che la comunità è istituita per ottenere un bene, la città è fondata per conseguire un bene; dunque anche chi governa la città deve operare per conseguire e tutelare il bene comune. Le argomentazioni dell'opera si fondano sulla citazione di molti autori, che, però, sono menzionati ancora secondo schemi medievali, ovvero in maniera esemplare, meramente erudita o talvolta decontestualizzata. La Bibbia è presentissima, così come lo sono i padri della Chiesa, i canonisti, gli scrittori e i filosofi cristiani, come Isidoro di Siviglia, San Tommaso, San Bernardo di Chiaravalle o Alberto Magno. Autore per eccellenza è Aristotele, che costituisce il riferimento principale a cui si allude continuamente, ma sono citati anche altri filosofi e scrittori greci, come Anassagora, Democrito, Ippocrate, Platone, o romani, come Catone, Giulio Cesare, Cicerone, Seneca, Svetonio, Valerio Massimo o Vegezio. «Cette culture est belle, éclectique», conclude la Leroy (83), senza, tuttavia, fare confronti con la nuova cultura letteraria e con le importanti teorizzazioni politiche che si stavano sviluppando altrove, sotto la fortissima spinta dell'umanesimo italiano. In effetti, la linea politica di Sánchez de Arévalo è orientata dalla fedeltà assoluta nei confronti della monarchia e del papato. Così, egli considera il papa come l'unico che può deporre un principe che governa per diritto ereditario, ma solo se costui compie atti che lo trasformano in tiranno.

Quanto sopra riassunto è esposto in maniera essenziale dalla Leroy nella rapida presentazione premessa all'edizione (75-87). Alla Leroy, tuttavia, non interessa ricostruire in maniera precisa e dettagliata il pensiero dell'autore, quanto, piuttosto, delineare le tracce essenziali e specifiche del contesto politico-ideologico della Castiglia basso-medievale. In effetti, subito dopo una rapida introduzione (7-11), nella quale si fornisce un quadro complessivo sull'evoluzione del regno di Castiglia e sulla successione dinastica dei suoi sovrani, la prima parte del volume (intitolata Des rois, des conseils et des admonestations, 15-72) è dedicata più generalmente a rappresentare la messa in pratica dei precetti forniti negli specula principum, con una sorta di raccolta commentata di brani estratti da scritti e testimonianze che trattano del ruolo dei governanti castigliani dei secc. XIV e XV. Di questa prima parte, un primo capitolo è dedicato a L'avènement du prince (15-25), in cui viene letto un passo del Libro de los estados di don Juan Manuel di Castiglia e un documento sulla proclamazione regia di Alfonso XI; un secondo capitolo su La réalité de la vie politique (27-43), nel quale si analizzano brani della Crónica del Halconero e di altri testi storiografici; un terzo capitolo su Le roi doit mener sa guerre (45-54), nel quale si torna a don Juan Manuel di Castiglia e ai cronisti; un quarto capitolo su Le roi dans son état. Des phrases pour un pouvoir (57-72), nel quale, ancora una volta si discutono soprattutto brani di don Juan Manuel di Castiglia.

In conclusione, il volume intende offrire al lettore francese un agile strumento per avvicinarsi alla conoscenza di un importante testo politico castigliano del XV secolo, provando a contestualizzarlo nelle dinamiche istituzionali e pragmatico-politiche della Spagna dell'epoca. Forse sarà utile più allo studente di un corso universitario, che a uno studioso specialista: le note di riscontro bibliografico sono ridotte al minimo, e molto essenziale è anche la bibliografia conclusiva (173-176).

Fulvio Delle Donne