Michael Matheus (Hg.): Ninfa. Percezioni nella scienza, letteratura e belle arti nel XIX e allinizio del XX secolo , Regensburg: Schnell & Steiner 2022, 348 S., 180 Farb-Abb., ISBN 978-3-7954-3740-4, 50,00
Inhaltsverzeichnis dieses Buches
Buch im KVK suchen
Bitte geben Sie beim Zitieren dieser Rezension die exakte URL und das Datum Ihres Besuchs dieser Online-Adresse an.
Diese Rezension erscheint auch in KUNSTFORM.
Hans Berkessel / Michael Matheus / Kai-Michael Sprenger (Hgg.): Die Mainzer Republik und ihre Bedeutung für die parlamentarische Demokratie in Deutschland, Mainz: Nünnerich-Asmus Verlag & Media 2019
Michael Matheus (Hg.): Badeorte und Bäderreisen in Antike, Mittelalter und Neuzeit, Stuttgart: Franz Steiner Verlag 2001
Helen Geyer / Marita Liebermann / Michael Matheus (Hgg.): Deutsches Studienzentrum in Venedig. 50 Jahre Wissenschaft und Kunst - Brücken am Canal Grande, Regensburg: Schnell & Steiner 2023
Quando, nel 1860, lo storico e poeta tedesco Ferdinand Gregorovius scrisse l'articolo Aus den Bergen der Volsker, più tardi entrato nei Wanderjahre in Italien, definì Ninfa, la città in rovina sepolta nelle Paludi Pontine visitata l'anno prima, una "Pompei del Medioevo". Storico della Roma medievale (aveva cominciato da cinque anni la Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter), da lui giudicata nella realtà contemporanea poco appariscente, soverchiata com'era dalle rovine classiche, Gregorovius trovò a Ninfa una città con mura, torri, chiese, conventi, abitazioni comuni e nobiliari, piazze e strade. Visto dall'alto della sovrastante acropoli di Norba, il luogo consentiva una visione d'uccello che univa i secoli, dalle Paludi Pontine che Teodorico tentò di prosciugare alla Torre Astura, sul mare, dove Corradino recitò l'ultimo atto del tramonto della potenza sveva in Italia. Le vicende di Ninfa univano storia universale, del papato e dell'impero, e storia locale, come nel caso di papa Alessandro III, in fuga da Roma e ivi consacrato, nella chiesa di Santa Maria, contro l'antipapa Vittore IV. Anche gli eventi contemporanei sembravano inserirsi nella storia di Ninfa; la visione delle rovine suscitava in Gregorovius l'idea che un giorno anche San Giovanni in Laterano e San Pietro in Vaticano sarebbero state sepolte dall'edera con l'ormai imminente fine del potere temporale dei papi e la formazione, come per incanto, della nuova Italia.
Alla fortunata descrizione ottocentesca di Gregorovius - Ninfa come luogo di archeologia poetica - si è sostituita quella di 'giardino magico', nel quale è stata trasformata negli anni '20 del Novecento per la creatività della famiglia Caetani. Ma Ninfa è una realtà assai più complessa; la sua storia ha numerose sfaccettature. A queste nuove esigenze risponde il volume curato da Michael Matheus, autore anche dell'ampio saggio introduttivo (13-164). L'opera non intende fare solo "una preistoria del giardino attuale", ma ricercare come esso, in una "singolare simbiosi tra rovine e piante", fu preceduto "da un ensemble cui diversi interventi degli uomini diedero una forma, e che al tempo stesso crebbe nel corso degli anni senza quasi essere toccato". In questo multiforme "Gesamtkunstwerk", la ricerca ha studiato in modo sistematico gli atti notarili relativi a Ninfa conservati nell'Archivio di Stato di Latina; la fotografia in 3-D ha consentito la riproduzione virtuale degli edifici in rovina. Per quanto il volume si concentri sulla percezione della storia di Ninfa nel secolo XIX (1780c.-1914), il saggio iniziale di Matheus si estende a partire dal secolo VIII, quando le due massae di Ninfa e di Norma passarono dall'imperatore bizantino in proprietà del vescovo di Roma; percorre il periodo medievale seguito dall'abbandono della città a partire dalla fine del secolo XIV (tuttavia i mulini mantennero la loro funzione) e dai falliti tentativi di ripopolamento per opera dei Caetani nel XVI e XVII secolo. Rimasta inizialmente al di fuori dell'itinerario del Grand Tour (la malaria e i briganti spaventavano i viaggiatori), Ninfa fu tuttavia visitata dall'americano John Izard Middleton (1808-1809) e dal topografo Johann Heinrich Westphal (a Roma dal 1821). August Kopisch, noto per aver 'scoperto' la Grotta Azzurra di Capri nel 1826, dipinse "le paludi Pontine al tramonto" (una "palude escatologica") probabilmente posizionandosi sulla strada Pedemontana tra Sermoneta e Sezze.
Uno "scopritore" di Ninfa fu il paesaggista inglese Edward Lear, l'autore del Book of Nonsense e delle Illustrated Excursions in Italy (1846), al quale è dedicato il saggio di Marco Graziosi, Prima di Gregorovius. Edward Lear, i Caetani e Ninfa (165-192; in appendice sono pubblicate cinque lettere di Lear alla duchessa di Sermoneta e alla principessa di Teano).
Di Gregorovius, autore non solo della celebre descrizione, ma anche di una poesia su Ninfa, tratta il saggio di Norbert Miller, La storia dischiusa dalla poesia. Le Passeggiate per l'Italia di Ferdinand Gregorovius e la sua poesia sul giardino di Ninfa (199-214); la corrispondenza dello storico tedesco con la famiglia Caetani è studiata da Angela Steinsiek, Ferdinand Gregorovius e la famiglia Caetani (215-229), curatrice di Ferdinand Gregorovius, Gesammelte deutsche und italienische Briefe per il Deutsches Historisches Institut in Rom (https://gregorovius-edition.dhi-roma.it/).
Nel volume viene sottolineata la descrizione di Ninfa di Hermann Allmers, contemporanea a quella di Gregorovius (1860) ma rimasta di fatto sconosciuta perché meno diffusa, nel saggio di Axel Behne, "Romam pervagantibus facem praetulit". Hermann Allmers a Ninfa nel 1859. In appendice i libri sull'Italia nel lascito di Allmers (231-257).
A partire dagli anni '70 dell'Ottocento, Ninfa viene sempre più percepita come un luogo oggetto di desiderio; la "Pompei del Medioevo" assume un senso ambiguo e decadente, come nella poesia della scrittrice Hermione von Preuschen (1895), dove la città si rivela metafora dell'appagamento sessuale. Oppure nella novella Die Letzten di Ida Boy-Ed (1894), ambientata nel periodo del grande Scisma d'Occidente, dove nella mortifera città "la febbre percorre le vie come un assassino strisciante"; e ancora in Malaria di Konrad Telmann (1895) o in Santa Maria di Galera di Richard Voß, che associa alla fiabesca Ninfa le rovine del borgo abbandonato tra Veio e Cerveteri: un filone di ricerca oggetto dello studio di Christiane Baumann, Ninfa. Luogo del desiderio nostalgico, del peccato e della morte (259-276).
Dotato di un ricchissimo apparato iconografico e fotografico, il volume ospita su queste materie due specifici lavori: Golo Maurer, Dipingere quello che non si vede. Le Paludi Pontine nella ricezione dei viaggiatori e pittori tedeschi della prima metà dell'Ottocento (193-198); Almut Goldhahn, Ninfa in posa. La scoperta della città "addormentata" attraverso la fotografia di fine Ottovento/inizio Novecento (277-324). A "Ninfa nel cinema" è dedicato un paragrafo del saggio di Matheus (123-125).
La malaria per secoli ha infestato l'Agro Pontino; all'argomento è dedicato il saggio di Michael Schulte, Sul pulvis jesuiticus e la lotta contro l'epidemia di malaria nell'Agro Pontino fino all'inizio del XX secolo (325-348), dedicato all'affermazione della cura attraverso la corteccia di China diffusa tramite la rete globale dei Gesuiti, che a Roma gestivano la farmacia del Collegio Romano. Inutili furono tuttavia le speranze di un ripopolamento di Ninfa in seguito al tentativo di bonifica delle paludi concepito dal militare tedesco Fedor von Donat, fallito per la miopia del Governo italiano (fu coinvolta anche la Banca Commerciale) e per l'egoismo dei grandi proprietari (Matheus, 85-86).
La costruzione della centrale elettrica (1908), e poi l'attività di bonifica degli anni venti e trenta del Novecento cambiarono radicalmente il paesaggio di Ninfa, dove scomparvero la malaria, le fioriture stagionali e i maestosi bufali. Grazie alle cure della famiglia Caetani, Ninfa oggi mostra una Gepflegte Wildnis; la decadente "Pompei del Medioevo" si è trasformata in "un paradiso del XX secolo, che mescola fedeltà alle origini e un'altissima arte paesaggistica, abbandono e cura minuziosa", come ha scritto Marie Luise Kaschnitz (1954).
Alberto Forni